venerdì 5 agosto 2011

Essere, avere, apparire

Guy Debord, nella sua opera più nota (La società dello spettacolo del 1967) scriveva:
"La prima fase del dominio dell’economia sulla vita sociale aveva determinato, nella definizione di ogni realizzazione umana, un’evidente degradazione dell’essere in avere.
La fase attuale dell’occupazione totale della vita sociale da parte dei risultati accumulati dell’economia conduce a uno slittamento generalizzato dell’avere nell’apparire, da cui ogni “avere” effettivo deve trarre il suo prestigio immediato e la sua funzione ultima".
Questa involuzione è giunta alla sua terza fase, forse imprevedibile nel '67: oggi l'apparire tocca un punto di esasperazione tale per cui - superata la necessità di possedere la sostanza dell'essere e superato anche il bisogno vanesio di esibire quel che si è o si ha - si impone la consuetudine di ostentare i segni apparenti dell'essere e di sfoggiare gli orpelli che simboleggiano l'avere, in una plateale e volgare rappresentazione di uno status che non basta a nascondere la sostanziale inconsistenza e la sconfortante vacuità.

Nessun commento:

Posta un commento