Hong
Kong, 1962.
Un
uomo e una donna (il signor Chow e la signora Su Lizhen), vicini di casa,
scoprono casualmente che i rispettivi coniugi sono amanti. La voglia di sapere
e capire li porta ad avvicinarsi e a studiarsi con prudente circospezione forse
per quel senso di solidarietà che unisce gli esclusi o forse per indagare le
proprie inadeguatezze o per capire i meccanismi della insoddisfazione e della
attrazione, del rapporto inappagante e del tradimento. Dopo l’iniziale
reciproca curiosità, i due si cercano con una certa assiduità; e la vaga
simpatia si trasforma in un’attrazione indecisa, in un affetto reticente, in
una incerta dolcezza piena di pudori, frenata dalla timidezza, dalla
insicurezza, dalla confusione emotiva.
La
voglia di tenerezza è forte e Chow e Su Lizhen non riescono a lasciarsi; ma
nemmeno riescono ad abbandonarsi ad una relazione clandestina (come quella che
lega i rispettivi coniugi insinceri) e a cedere ad un sentimento che potrebbe
sembrare attizzato dalla ripicca.
Si
sfiorano ma non si toccano, si intrattengono ma si contengono; non riescono a
nascondere il loro insopprimibile desiderio ma lo reprimono; soffocano la loro
attrazione e la occultano a tutti; giocano di nascosto a recitare la parte
degli amanti ma non sanno portare fino in fondo la loro stentata finzione,
troppo sensibili, delicati, emotivi per “consumare” il rapporto e cercare
squallide eccitazioni clandestine.
L’idea
di tenerezza nasce da una sensazione di insoddisfazione.
Il
desiderio inappagato è più intenso di quello esaudito e placato.
La
sublimazione ha, appunto, tratti di sublimità.
Il
rimpianto è, fra i sentimenti, quello più struggente ed assoluto.
La
storia d’amore più appassionata è quella che sarebbe potuta accadere.
Il
tempo perduto occupa l’anima più di quello vissuto.
Un
non-amore può cambiare la vita.
Il
sogno, per definizione, deve rimanere irrealizzato e inconfessato; e per non
infrangersi non può che restare segreto, per tutti e per sempre: può essere
bisbigliato dentro la fessura di un albero nascosto nella foresta o può essere
sussurrato e custodito in una crepa, poi sigillata, di un muro fra le rovine di
un tempio abbandonato. Ma questo intimo sogno di un amore, noi lo abbiamo
conosciuto: abbiamo colto l’inespresso, abbiamo sentito quello che il triste e
gentile signor Chow e la dolce e malinconica signora Su Lizhen non si sono
detti, abbiamo visto i segni invisibili che questo non amore ha lasciato sulle
loro invisibili anime.
Splendidi
dunque i silenzi, ovviamente. E dolcissima la colonna sonora (di Michael Nyman)
e i brani di musica inseriti (Yò te quiero mucho,
Qui sas,…).
Efficacissimi
i movimenti claustrofobici della macchina da presa dentro spazi stretti, la
monotonia delle inquadrature, il montaggio spezzato e incoerente (come lo sono
i ricordi), gli sguardi mesti e i gesti trattenuti, la recitazione sobria e
reticente, l’immagine ricorrente di un orologio che segna il tempo che scivola
via, sotto la pioggia, insistente ed inutile.
Nessun commento:
Posta un commento