domenica 1 marzo 2009

Sinistrati allo sbando

L'unità della sinistra è una utopia irrealizzabile in Italia.
L'impossibile coesione è riconducibile in larga misura all'idiosincrasia che noi “sinistrati” abbiamo verso le aggregazioni organizzate, evidente nei gruppi della sinistra "extraparlamentare" (che – scissione dopo scissione – si sono sgretolati, triturati e polverizzati), nei disorientati ex-diessini (che – rotto il contenitore – si spargono liquefatti in ogni direzione), negli ondivaghi petali sparsi della Margherita (sempre attratti e tentati dal richiamo della Gran Madre) e nelle errabonde belle anime pensanti (che nutrono repulsione per l'Omino di Burro, ma vagano incerte nel limbo, alla ricerca sterile di uno straccio da seguire).
Noi democratici, cresciuti in una chiesa-partito o in un partito-chiesa, ci ritroviamo profughi senza casa: liberi finalmente da precetti e direttive, ma sconsolati e disorientati; insofferenti ai simboli e alle bandiere, ma sbandati e mesti; affrancati dal padre e dalla madre, ma assaliti dalla desolazione dell'orfananza.
Siamo truppe ammutinate e allo sbando, senza divisa e senza generali: ci manca persino l'istinto di sopravvivenza e abbiamo perso il senso pratico che dovrebbe aggregarci nell'emergenza estrema. Siamo formiche impazzite di un formicaio scoperchiato. Siamo clerici vagantes che cercano ma non trovano la locanda della laicità.
Non potendo far riferimento ad un sacro testo, ad una direttiva centrale, ad una parola d'ordine,... produciamo mille slogan effimeri, ci perdiamo in mille distinguo, vaghiamo in ordine sparso. Non avendo un tempio che ci riunisce ed una divinità riconosciuta a cui conformarci, ci isoliamo. Ed ognuno di noi, davanti ad uno specchio, plasma un idolo a sua immagine e somiglianza.
Il partito si è dissolto, ma noi diffidiamo dell'idea di ritrovarci uniti altrove. Preferiamo l'eremitaggio rancoroso o le fazioni infinite, instabili e impotenti.

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